Disoccupazione: ecco come salvarci dall'invasione dei robot


21 marzo 2018

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Accenture è la società di consulenza più grande al mondo. Conta 375.000 dipendenti, 4000 clienti in oltre 120 paesi e ha un fatturato che supera i 30 miliardi di dollari.

Per darvi un’idea, tra quelle 4.000 aziende sue clienti ce ne sono 92 delle 100 più ricche al mondo secondo Fortune, e oltre i 3/4 di quelle nella Fortune Global 500. Accenture solamente in Italia ha 12.000 dipendenti (il triplo di Ferrari) e un fatturato che supera il miliardo.

Perché la citiamo? Perché negli ultimi anni si è trovata davanti a una scelta sempre più comune e che sta da tempo spaccando il mondo in due nette filosofie, quella “catastrofista” e quella “utopista”.

Stiamo parlando di robot e intelligenza artificiale. Un argomento in cui, quello che pochi anni fa era fantascienza remota, si è trasformato in un banale assaggio di ciò che succederà a breve. No, i robot non hanno ancora sembianze umane (a parte in certi casi), ma una cosa è certa: sanno lavorare, e lo fanno già dannatamente bene.

La tecnologia avanza e si fa sempre più utile ed efficiente, spesso molto più efficiente di noi. Dunque i robot ci stanno rubando il lavoro? In un certo senso sì, e ne prenderanno sempre di più. Nell’altro, si stanno semplicemente riprendendo ciò che era loro. Ma andiamo per gradi.

WIN-WIN

Oggi i robot rischiano di mandarci tutti a casa (il 40% dei lavori sparirà entro il 2030). La domanda è: come possiamo difenderci da questi agguerriti rivali più produttivi di noi, che non vanno mai in pausa o in malattia e non chiedono nemmeno di essere pagati per il proprio lavoro?

Molte aziende hanno recentemente licenziato in tronco i propri dipendenti, e li hanno sostituiti con macchine in grado di svolgere meglio il loro lavoro. Non sono discorsi lontani, ci riguardano da vicino. Perugina è un caso eclatante e recente, dove 340 persone sono rimaste a casa. Inoltre le distinzioni di settore non reggono, e non parliamo solo di operai. Gli esempi vanno da Foxconn (fornitrice di Apple e Samsung che ha recentemente dimezzato il suo organico) a una compagnia di assicurazioni giapponese, che ha robotizzato ben 34 assicuratori. Ebbene, questo è un gioco a somma zero, in cui la tecnologia vince e noi perdiamo. Ma per fortuna tante altre aziende hanno fatto un passo in avanti, introducendo i robot non a scapito ma a beneficio dei lavoratori. 

Accenture negli ultimi mesi ha automatizzato 17.000 posti di lavoro, senza licenziare un dipendente.

Come ha fatto? Delegando alle macchine i lavori ripetitivi che spettano loro, investendo in formazione per i dipendenti diventati “ridondanti” e dando loro una nuova occupazione, più creativa, intelligente. In poche parole: offrendo ai dipendenti un lavoro da esseri umani e non da automi.

Dando una cultura tecnologica e informatica a 72.000 dipendenti, Accenture ha rimesso l’uomo al comando della macchina (e non in sua sostituzione), facendo ciò che già molte aziende, anche in Italia, stanno facendo. Ci sono tanti benefici dallo svuotamento delle catene produttive, soprattutto in un paese come il nostro, che detiene il tragico primato europeo per morti sul lavoro, in cui sono spesso gli operai a rimetterci la pelle per guadagnarsi il pane.

DIAMO AL ROBOT QUEL CHE E’ DEL ROBOT

Diamo a Cesare quel che è di Cesare, e al robot quel che è del robot. Sì, perché siamo stati noi a rubare per anni il lavoro a loro, e non il contrario. Ora se lo stanno semplicemente riprendendo, ed è tempo che un campanello inizi a suonare nel nostro cervello, facendoci capire che dobbiamo pensare a un diverso futuro del lavoro.

Un report di Mckinsey mostra quali saranno le attività a essere attaccate per prime dalla robotica. In cima alla lista ci sono tutti i lavori fisici ripetitivi. Mentre, all’opposto, imparare a dirigere un team, garantirebbe la più lunga sopravvivenza dal rimpiazzo robotico.

E’ un concetto che ritorna per tutto il lungo e dettagliatissimo report: ciò che è prevedibile sarà sempre meno spendibile, mentre imparare a gestire l’imprevedibilità del mondo e le relazioni umane rappresenta il vero asset del futuro.

Forse la robotizzazione è ciò che ci serve per svegliarci. Per comprendere che il lavoro ci ha reso macchine per secoli interi, silenziando le nostre aspirazioni più alte, quelle capacità umane che ci hanno permesso di progettare ponti, dipingere chiese e trasformare la luce solare in energia elettrica. Ricordiamocelo ogni volta che ci troviamo intrappolati in un lavoro ripetitivo. Ricordiamoci che apparteniamo alla stessa “razza” dei Picasso, Einstein, Jobs e Musk. Perché forse è proprio questo che i robot non potranno replicare: la nostra umanità, nei suoi lati d’ombra e di luce.

Volete quindi una dritta su cosa investire? Ve l’abbiamo appena data.

Diamo alla macchina ciò che spetta alla macchina, e all’uomo ciò che è degno di questo nome. 

Alla prossima onda.

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