Dal Bitcoin in avanti i mercati finanziari delle criptovalute sono stati un costante giro sulle montagne russe.
Un po’ come al luna park, ci si interessa all’argomento metà per curiosità e divertimento, metà con il sogno di enormi profitti.
E così, mentre Bitcoin ed Ethereum hanno visto crescite talmente vertiginose da metter sulla bocca di tutti la parola “bolla”, un nuovo fenomeno, collegato alle criptovalute e sempre più chiacchierato, rende necessaria un’introduzione.
Stiamo parlando delle ICO.
Se masticate finanza a colazione le conoscete. E se non le conoscete richiameranno comunque alla vostra mente le IPO.
Per capirci: quando abbiamo guadagnato il 20% in 15 giorni grazie a Snapchat lo abbiamo fatto nel momento della sua IPO, ossia Initial Public Offering. In italiano si chiama Offerta Pubblica Iniziale, e rappresenta il momento in cui i titoli di un’azienda vengono quotati in borsa e offerti ai mercati.
Se credi in un’azienda compri delle azioni. Che speri poi di rivendere successivamente a un prezzo più alto.
ICO sta per Initial Coin Offering ed è un meccanismo utilizzato da molte startup nel mercato delle blockchain per raccogliere fondi distribuendo in cambio “gettoni”.
Nel 2016 le ICO hanno raccolto 220 milioni di dollari. Quest’anno, per ora, siamo circa sui 2 miliardi.
Perché tante persone stanno dando denaro a queste aziende, ricevendo in cambio i gettoni? Parliamo delle prossime Microsoft della blockchain? Del prossimo Bitcoin? A cosa servono questi gettoni? Ma soprattutto: dovremmo tutti correre a comprarli prima che sia troppo tardi?
LA PIÙ GRANDE TRUFFA DELLA STORIA?
Se avete visto The Wolf of Wall Street siete familiari con la figura di Jordan Belfort, impersonata nel film da Leonardo di Caprio. Belfort nella vita vera, come nel libro e nel film, ne ha fatte di cotte e di crude, finanziariamente parlando. Vendeva le cosiddette Penny Stock, azioni di aziende dalle dubbie prospettive, ingannando gli investitori sul valore delle stesse e arrivando a fatturare miliardi di dollari. Ebbene, il Lupo di Wall Street ha dichiarato che le ICO sono una truffa mai vista prima. Ben oltre ogni malefatta da lui mai commessa.
Il meccanismo di una ICO è, sotto certi punti di vista, semplice.
Un’azienda normalmente attraverso una IPO raccoglie capitali sul mercato. Non tutte le aziende però possono fare un’offerta pubblica, è una mossa altamente regolamentata e che sicuramente è preclusa alle startup.
Ma si sa, la blockchain serve proprio per annientare le intermediazioni. È così che tramite una ICO ogni azienda (anche appena nata o ancora non nata!) può teoricamente costruire un sito internet, raccontarsi al meglio e chiedere fondi a chiunque, tipicamente in criptovalute. Fin qui sembra un normale crowdfunding fatto con una valuta virtuale, con alcune differenze.
I gettoni, il corrispettivo delle azioni, danno solitamente diritto a beni o servizi offerti dall’azienda. Allo stesso tempo, i gettoni sono anch’essi criptovalute, teoricamente tradabili in un mercato secondario. Valore delle valute che è quindi collegato al valore dell’azienda.
Ed è proprio qui che la faccenda si complica.
PROBLEMI CON LE ICO
Sembra fighissimo. Trovi online la prossima azienda miliardaria, che si sta appena lanciando sul mercato e ti annuncia che se sarai tra i primi volponi che crederanno in lei, tra qualche mese o anno sarai seduto su una montagna di soldi.
Ce ne sono per tutti i gusti, dai servizi che permetteranno a ognuno di vendere la propria connessione internet inutilizzata, alle piattaforme per videospettacoli live erotici pagati in criptovalute. Tutti progetti che, in un modo o nell’altro, si propongono come disruptive, innovativi e con lo scopo di rivoluzionare il mercato di riferimento. Forse è vero. Forse è vero all’80%. Forse al 60%. Citando ancora Belfort, se anche il 10% si rivela un nulla, sarà comunque una tragedia.
Ecco alcune serie criticità di questo meccanismo, che devi conoscere prima di compiere qualsiasi passo.
– I gettoni non sono azioni (almeno teoricamente non danno diritto di voto) e non possono essere legalmente equiparate, in quanto totalmente non regolamentati. Chiediti: se fosse così semplice emettere azioni e acquistarle, perché allora le aziende normali dovrebbero ricorrere alle IPO, alle stringenti regolamentazioni Consob e al Sec?
– C’è un serio problema di sicurezza, che si pone nel momento in cui versi criptovalute online. I casi di hackeraggio sono stati diversi (due su tutti, Coindash e The DAO) e anche ingenti. Le infrastrutture delle aziende riceventi sono state bucate e i soldi degli investitori andati perduti.
– Il progetto che stai finanziando verrà effettivamente realizzato? Questo è forse il punto focale. C’è un motivo se le IPO avvengono in una fase piuttosto consolidata della vita di un’azienda. Ok, vuoi scommettere su una startup e questo può darti enormi guadagni. Ma sei sicuro di sapere su chi stai investendo? Ci sono informazioni reperibili? (spesso la risposta è negativa, e semplicemente esiste un video di presentazione del progetto e una breve descrizione dei membri del team). L’azienda ha un business plan solido? L’idea, che può essere geniale, ha effettivamente un mercato pronto ad accettarla e a cui venderla? Per definizione chiunque può comprare i gettoni durante una ICO, e questo significa che il target di riferimento è formato da investitori non qualificati. In più le idee proposte sono spesso fantasiose, eteree (se ci scusate il doppio senso), fumose e campate per aria. Un esempio su tutti: Augur si propone come mercato delle “predizioni di eventi futuri”.
Insomma, il rischio che il progetto non parta è alto, e quello che le performance siano misere è altissimo.
– Come se non bastasse, le criptovalute sono estremamente volatili e ciò aggiunge un’altra bella dose di incertezza, con i naturali rischi della speculazione.
– Un punto da chiarire, nel caso tu voglia investire in un ICO: riceverai un gettone. A cosa ti darà diritto? C’è la possibilità di tradarlo, ok, ma qui si torna al punto precedente.
– Frode. Il lato peggiore: che il progetto sia realizzabile o meno, spesso i soldi arrivano ai proponenti senza vincoli contrattuali e possono essere fatti sparire facilmente. Sta facendo scalpore il caso di Tezos, messa sotto indagine dopo aver raccolto 232 milioni di dollari con la su ICO.
Quello delle ICO è un settore non regolamentato, aleatorio e altamente speculativo. Paradossalmente anche se un’azienda ti promettesse profit sharing attraverso i gettoni acquistati, sarebbe difficile essere certi che i suoi profitti dichiarati siano corrispondenti al vero, nonché di ricevere effettivamente ciò che ti spetta. La blockchain è la prossima rivoluzione globale ed è qui per rimanere. Ma per ora questo è un mercato selvaggio in cui è bene muoversi con cautela.
In conclusione: ICO sì o ICO no? Come al solito la risposta è: dipende.
Da cosa? Da molti fattori. In primis dalla tua preparazione.
Alla prossima onda.