Un tempo, quando si parlava di fasce d’età più povere, si pensava subito agli anziani. Eppure dal 2007, con l’avvento della famosa crisi che ancora produce i suoi effetti, la situazione si è praticamente ribaltata. Almeno questo è quanto sostenuto dalla Caritas in una sua ricerca svolta alla fine del 2016. Secondo il rapporto Caritas, infatti, i giovani sono i nuovi poveri: la fascia d’età compresa fra i 18 e i 36 anni costituisce la gran parte di quei 4,5 milioni di italiani che vivono in condizioni di povertà.
Questo dato, sicuramente oggettivo e che non vogliamo negare, ci ha suscitato comunque qualche riflessione circa i motivi per cui i giovani sono ormai bollati come i nuovi poveri. È vero infatti che ci sono ragioni incontrovertibili che spiegano la situazione: disoccupazione, politiche che incentivano fasce di età meno giovani, e non bisogna dimenticare il fenomeno dei working poor (letteralmente lavoratori poveri), persone sotto-occupate o a bassissima remunerazione.
Ma cosa attanaglia i giovani italiani? Sì, sottolineiamo “italiani”, perché è impossibile non notare che questo fenomeno dei nuovi poveri ha anche una sua dimensione soggettiva. Se infatti allarghiamo il nostro sguardo al di là dei confini nazionali ci rendiamo conto di come, esattamente nello stesso anno, nella classifica Forbes dei 400 imprenditori più ricchi del mondo, non ci siano mai stati così tanti giovani: si pensi a Mark Zuckerberg, ad Elizabeth Holmes o Brian Chesky, l’inventore di Airbnb.
Posto che la maggior parte di queste personalità è partita praticamente da zero, cosa ha permesso loro di distinguersi dalla massa? Cosa può fare un qualsiasi ragazzo per scavalcare il muro di mediocrità contro cui questa crisi sembra voglia schiacciarlo?
La risposta sta prima di tutto nella Vocazione: Si può parlare di Vocazione quando si usano le proprie abilità con passione per rispondere ad un bisogno. Abbiamo dunque tre elementi:
E proprio a proposito di bisogno, quest’ultimo ti permette di “trovare il lavoro senza neanche cercarlo”. Per intenderci, gli imprenditori della classifica di Forbes non hanno cercato un lavoro, ma se lo sono creato, andando ad individuare i bisogni ancora inespressi della società: per esempio quel bisogno di condivisione social che Facebook ti permette di manifestare.
Bada bene, la scelta dell’imprenditore non risponde solo ad un bisogno della società, ma spesso e volentieri anche ad una sua esigenza interiore. Per fare un esempio più vicino alla nostra realtà – visto che il mondo non è diviso in super-ricchi e poveri – persino noi abbiamo intrapreso questo percorso: eravamo semplicemente dei tarder. Quando abbiamo capito che il trading non era sufficiente per essere dei Ricchi Consapevoli, abbiamo iniziato a praticare la meditazione e da lì è nato MoneySurfers.com, una Missione di condivisione che portiamo avanti giorno per giorno.
Salman Amin Khan, il fondatore della Khan Academy, accademia digitale senza scopo di lucro, ha iniziato dando lezioni di doposcuola ai suoi figli: lezioni che grazie alla condivisone in internet sono diventate un doposcuola per tutti i loro amici. Da lì è nato il sito ed infine l’accademia che oggi offre corsi gratuiti a chiunque lo desideri.
Spesso quando si vuole diventare imprenditori si pensa al modo più immediato di fare impresa e dunque guadagnare. Si parte dunque dal Come. Uno spirito più pratico probabilmente non parte dal come, ma si interroga sull’attività da intraprendere, magari quella che più lo appassiona: dunque parte dal Cosa.
Ma un imprenditore illuminato inizia sempre dal Perché. Poco fa parlavamo della Vocazione: ebbene, a supporto della Vocazione non c’è mai un come o un cosa, ma un Perché, una motivazione. La motivazione infatti, quella che in termini aziendali è chiamata Vision, è infatti più condivisibile ed apprezzabile rispetto a un come o a un cosa; e ti conferisce inoltre quel salto quantico che ti permette di sfruttare la paura del fallimento a tuo vantaggio.
È vero, forse la Caritas ha ragione, forse i giovani sono i nuovi poveri. Ma tutti noi abbiamo un solo debito, verso noi stessi, ed è stare bene; senza permettere alle circostanze contingenti di una crisi economica di soppiantare la vocazione imprenditoriale che sentiamo in noi.
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